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REFERENDUM: INFORMAZIONI PER CAPIRE (spiegazione sui quesiti)

Posted On Mercoledì, 08 Giugno 2022 10:07

Partiamo da Carlo Nordio: “Parlando a Taormina nel settembre del 2021, la ministra della Giustizia Marta Cartabia ha deplorato la perdita di fiducia degli italiani nella magistratura; ha annunciato una serie di riforme radicali, e ha aggiunto che queste non saranno sufficienti senza un qualcosa “di più nobile e più alto”.

"Ma soprattutto ha pronunciato una frase terribile: “Dobbiamo fare di tutto perché il giudice torni ad essere con quella statura che la Costituzione gli chiede al momento del giuramento. L’art. 54 chiede “disciplina e onore”. Sono parole terribili perché la Cartabia non ha detto che i magistrati devono “mantenere” quell’alta statura, ma devono recuperarla. Il che significa che l’anno perduta (cit. da “Giustizia Ultimo Atto – da Tangentopoli al crollo della Magistratura” di Carlo Nordio; ed. Guerini ed Associati – feb. 2022; pag. 139”.

Questi sono i quesiti ammessi dalla corte costituzionale:
- sistema di elezione del CSM;
- equa valutazione dei magistrati nei consigli giudiziari distrettuali;
- separazione delle carriere;
- limiti agli abusi della custodia cautelare;
- abrogazione della legge Severino.

Il referendum abrogativo è regolato dall'art. 75 della Costituzione e prevede l'abrogazione, totale o parziale, delle disposizioni di una legge o di un atto avente forza di legge oggetto di quesito, che viene sottoposto all'elettore con formula abrogativa.
Perché il referendum sia valido occorre che si rechi a votare almeno il 50% più uno degli aventi diritto.

Quesito n. 1 - Elezione del Consiglio superiore della magistratura

Il Consiglio superiore della magistratura è l'organo di autogoverno della magistratura, con lo scopo di mantenerla indipendente rispetto agli altri poteri dello Stato.
E’ composto da 24 membri, eletti per un terzo dal Parlamento e per due terzi dai magistrati.
Oggi, per candidarsi, è necessario presentare almeno 25 firme di altri magistrati a proprio sostegno.
Queste firme, oggi, sono spesso fomite col supporto delle varie correnti politiche interne alla magistratura.
Se vince il "sì" non sarà più necessario l'obbligo di trovare queste firme, ma basterà presentare la propria candidatura.
Chi è per il "sì" sostiene che in questo modo i magistrati potrebbero sganciarsi dall'obbligo di trovare accordi politici e dal sistema delle correnti, così da premiare il merito piuttosto che l'adesione politica.
Si limiterebbe anche la lottizzazione delle nomine, cioè la spartizione delle cariche tra i diversi orientamenti politici.

Quesito n. 2 - Valutazione dei magistrati
In Italia, i magistrati vengono valutati ogni quattro anni sulla base di pareri motivati, ma non vincolanti, dagli organi che compongono il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione.
In questi organi, insieme ai magistrati, ci sono anche avvocati e professori universitari, ma soltanto i magistrati possono votare nelle valutazioni professionali degli altri magistrati
Se vince il "sì" anche avvocati e professori universitari avrebbero il diritto di votare sull'operato dei magistrati.

Chi è per il "sì" sostiene che questa riforma renderebbe la magistratura meno autoreferenziale e la valutazione dei magistrati più oggettiva.

Quesito n. 3 - Separazione delle carriere nella giustizia
Nel corso della loro vita, i magistrati italiani possono passare più volte dal ruolo di pubblici ministeri (cioè coloro che si occupano delle indagini insieme alle forze dell'ordine e svolgono la parte dell'accusa) al ruolo di giudici (cioè coloro che emettono le sentenze sulla base delle prove raccolte e del contradditorio tra l'accusa e la difesa).
Se vince il "sì" i magistrati dovranno scegliere, all'inizio della loro carriera, se svolgere il ruolo di giudici oppure di pubblici ministeri, per poi mantenere quel ruolo per tutta la vita.
Chi è per il "sì" sostiene che separare le carriere garantirebbe una maggiore imparzialità dei giudici, perché così sarebbero slegati per attitudini e approccio dalla funzione punitiva della giustizia che appartiene ai pubblici ministeri.
In altre parole, il fatto che una persona che per qualche anno si abitui ad "accusare" e poi venga messa nella posizione di "giudicare", non sarebbe una condizione ideale per il sistema democratico.

Quesito n. 4 - Limitazione delle misure cautelari
Le misure cautelari sono provvedimenti - decisi da un giudice - che limitano la libertà di una persona sotto indagine (quindi non ancora condannata).
Alcuni esempi sono la custodia cautelare in carcere, gli arresti domiciliari o il divieto di espatrio.
Oggi, può essere applicata solo in tre casi: se c'è il pericolo che la persona fugga, che alteri le prove oppure che continui a ripetere il reato.
Se vince il "sì", viene eliminata la ripetizione del reato dalle motivazioni per disporre misure cautelari. Rimangono il pericolo di fuga e di alterazione delle prove.
Chi è per il "sì" sostiene che oggi vi sia un abuso delle custodie cautelari e si mettano spesso in carcere persone non condannate, in violazione del principio della presunzione di innocenza.
La ripetizione del reato è infatti la motivazione più frequente per disporre una custodia cautelare.
Negli ultimi trent'anni, circa 30 mila persone sono state incarcerate e poi giudicate innocenti e ancora oggi un terzo dei detenuti è in carcere perché sottoposto a custodia cautelare.

Quesito n. 5 - Incandidabilità per i politici condannati
In Italia, chi è condannato in via definitiva per alcuni gravi reati penali non può candidarsi alle elezioni, né assumere cariche pubbliche e, se è già stato eletto, decade.
Coloro che sono eletti in un ente locale, come i sindaci, sono invece automaticamente sospesi dopo la sentenza di primo grado (quindi non in via definitiva, dato che nel nostro ordinamento sono garantiti tre gradi di giudizio).
Se vince il "sì", sia l'incandidabilità per i condannati in via definitiva, sia la sospensione per gli eletti in enti locali, non saranno più automatiche ma saranno decise da un giudice caso per caso.
Chi è per il "sì" sostiene che la legge penalizza gli amministratori locali che vengono sospesi senza condanna definitiva, esponendoli alla pubblica condanna anche nel caso in cui si rivelino poi innocenti.

da MEZZOGIORNO FEDERATO