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A cura di Giuseppe Giraldi

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NON SOLO A TARANTO, MA ANCHE IN CALABRIA DOVEVA ESSERCI LA SIDERURGIA.

Posted On Mercoledì, 08 Gennaio 2020 09:53

di Giuseppe Giraldi

Negli anni settanta si vagheggiava la realizzazione in Calabria di un “V centro siderurgico italiano”.

Tutto cominciò con il "Boia chi molla" della rivolta di Reggio Calabria a seguito della decisione di costituire Catanzaro come capoluogo di Regione. L’Italia si rese conto che la Calabria e soprattutto la provincia di Reggio, erano state troppo a lungo abbandonate al loro destino e allora vi fu un pallido tentativo di fare qualcosa di buono per risollevare il popolo calabrese dalla condizione di arretratezza e di disagio sociale ed economico in cui si trovava. Furono momenti drammatici, nei quali il malessere di tante povertà si mischiò con l’orgoglio reggino ferito e con l’opportunismo politico di movimenti reazionari di estrema destra che cavalcarono l’onda della protesta. 

La rivolta divenne violenta e vi furono scontri durissimi tra manifestanti e forze dell’ordine, che culminarono con la strage di Gioia Tauro del 22 luglio 1970, quando una bomba fece deragliare il "Treno del Sole", Palermo-Torino, provocando sei morti e cinquantaquattro feriti. Reggio come Parigi nel ’68, ma la contestazione studentesca e operaia era ispirata da ben altri ideali che non il motto  “boia chi molla”.  Nel frattempo a Cosenza, gli studenti, ed io tra loro, manifestavano per avere, anche in Calabria come nelle altre Regioni, una Università Statale.

Così per chiudere queste vertenze, a Cosenza fu istituita l’Università della Calabria, a Catanzaro fu fissata la sede della Giunta Regionale, a Reggio Calabria si lasciò la sede del Consiglio Regionale e il 25 aprile 1975 fu posata la prima pietra per la costruzione, nella Piana di Gioia Tauro, del "Quinto centro siderurgico" italiano.  Fu un sogno alimentato dalla presenza del Presidente del Consiglio, Giulio Andreotti e del Presidente dell’Iri, Giuseppe Petrilli, che promisero lavoro per settemilacinquecento lavoratori. La promessa era un miraggio. Dopo la prima pietra non ve ne furono altre. Il centro siderurgico restò un sogno per tutti quelli che non avevano lavoro, ma anche per i tanti che confidavano di poter costruire in proprio attività indotte. Comunque fu costruito il porto, uno dei più grandi d’Europa, e furono espropriati a prezzi molto buoni i terreni che avrebbero dovuto servire per il centro siderurgico. Non so che fine hanno fatto questi ultimi e come sono stati successivamente utilizzati. Sarebbe interessante saperlo.

Purtroppo o forse per fortuna, le cose andarono così. Ci avevano pensato alla siderurgia in Calabria perché erano tempi in cui la potenza industriale di un Paese si misurava in tonnellate di acciaio prodotte. Nel tempo le cose sono cambiate molto. Ora siamo nell’era del digitale, della domotica e dell’auto elettrica. È il momento buono per metter su industrie rispettose dell’ambiente e che producano accumulatori di energia (batterie) per le auto che siano sempre più sicuri, leggeri ed economici. Combattere l’emissione di CO2 nell’ambiente, diventa la battaglia per la vita del pianeta, così come lo abbiamo conosciuto sino ad ora.

Dobbiamo essere tutti consapevoli che se non invertiamo subito la tendenza all’accumulo dei gas serra nell’atmosfera, i mutamenti climatici sconvolgeranno il pianeta. I paesi industrializzati, soprattutto quelli più rampanti (CINA e INDIA), dovranno rivedere drasticamente le loro politiche di sviluppo industriale.

Ognuno deve fare la propria parte in questa direzione, anche la piccola Calabria e spero tanto che queste elezioni regionali del 26 gennaio ci consegnino una classe dirigente più idonea ad affrontare questi problemi.

Per quanto riguarda Taranto, e di qualche ora la notizia che l’alto forno numero due dell’acciaieria non verrà spento perché è stato stimato che il rischio per i lavoratori è minimo  dato che “i consulenti RMS di Ilva hanno quantificato in sei eventi in 10.000 anni il rischio che, in presenza di un operatore, si verifichi nell’altoforno n.2 una fiammata analoga a quella che uccise Alessandro Morricella, precisando che le conseguenze varierebbero in funzione della posizione assunta dall’operatore, non preventivabile”.

Sono passato qualche volta da Taranto e mi sono impressionato per il fatto che una polvere rossastra ricopre tutto e l’aria non credo sia salubre come quella della Sila, ma i tarantini la respirano ugualmente.

Se avessero realizzato anche a Gioia Tauro l’agognata acciaieria, avremmo mangiato le arance della Piana? Credo di no e forse è vero che la Calabria è cara a Qualcuno più di quanto di solito crediamo. Riflettiamoci.

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