Pertanto, non è sufficiente nell’accertamento fiscale la c.d. “motivazione per relationem”, ovverosia una motivazione data riferendosi ad altri atti e/o al loro sintetico contenuto.
Del medesimo tenore la pronunzia della Corte di Giustizia Europea (sentenza del 16 ottobre 2019, causa C-189-18), attraverso la quale la medesima Corte ha stabilito che il Fisco non è esonerato dall’onere di rendere noti specificatamente al contribuente gli elementi di prova su cui si fonda la pretesa erariale. Al contribuente, nel corso del giudizio, è quindi riconosciuta la facoltà di contestare tutte le risultanze che si riflettono sulla propria posizione attraverso una previa presa visione delle attività di accertamento poste in essere dal Fisco. In aggiunta, anche il Giudice deve poter valutare in giudizio tutti gli elementi su cui si fonda l’accertamento erariale, nonché la legittimità dell’ottenimento e dell’utilizzo degli elementi di prova.
In virtù di quanto esposto, gli organi giudiziari riconoscono in capo al Fisco l’onere di provare l’eventuale frode fiscale realizzata dal contribuente e, non di certo, sul contribuente deve gravare l’onere di dovere provare di non aver commesso le violazioni di norme tributarie a lui contestate.