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A cura di Giuseppe Giraldi

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A PROPOSITO DI ARINTHA

Posted On Giovedì, 15 Agosto 2019 10:23

Oggi, giorno di Ferragosto 2019, pubblicazione del paragrafo estratto dal CAPITOLO TERZO  del libro di Padre Fedele Fonte RENDE NELLA SUA CRONISTORIA che è il testo più completo, ad oggi esistente, sulla storia del nostro antico borgo.

 RENDE NELLA SUA CRONISTORIA

omissis

CAPITOLO TERZO

LE ORIGINI D'UN POPOLO LABORIOSO E FORTE

omissis

 

  1. 2. Come dal nome di Acheruntia derivi Arintha

Ma qual è la relazione onomastica tra Acheruntia e la nostra Arintha?

È molto facile intravederla se poniamo questo primo suo nome nella etimologia sua propria della lingua osca, dove risulta composta da due parole abbastanza significative, e cioè da: AC = acqua, fiume; e ARUNTIA =  case dei forti.

Quindi, l'intera parola « AC ARUNTIA » o ACHERUNTIA vuol significare: Le case dei forti (presso) le acque del fiume [1].

Per case vanno intese qui le grotte dei popoli primitivi, perché la parola «ARU» ha molte relazioni col mondo sotterraneo. Infatti, lo stesso fiume Acheronte nella mitica Arcadia venne così nominato, perché sprofondava le sue acque nelle viscere della terra, formando poi il laghetto Acherusio.

Inoltre, per convincerci di quanto sopra basta porre attenzione su la parola «ARU», che vuol dire: CAVERNA SOTTERANEA, ma anche «FORTE» o «SACRO».

Per la qual cosa presso i Greci la divinizzazione del «Dio forte» o del mondo sotterraneo[2]  oppure del «Dio della guerra» venne definita con la semplice parola «ARES», derivata da «ARU». Cosi lo stesso aggettivo riguardante Marte: bellicoso, guerresco, vien definito con la voce « AREIOS ».

E se estendiamo ancora la nostra dissertazione etimologica, vediamo che anche presso i Latini la parola «ARA», in senso sacro è rimasta a significare «Altare», come nel senso profano può significare « luogo fortificato », oppure « agglomerato di case per i forti ».

Infatti Tacito, dicendo nei suoi e: « Annali »:  « Interea legati a Senatu regressum iam apud aram Ubiorum Germanicum adeunt »[3], vuol significare che gli ambasciatori si avvicinavano alla capitale degli Ubi[4].

 Quindi « apud aram Ubiorum » non significa presso « l'altare degli Ubi », ma più precisamente presso « le case dei forti Ubi » o presso « la capitale degli Ubi ».

Gli stessi guerrieri antichi, difensori delle proprie case o grotte, venivano denominati « AREI »[5].

Possiamo poi argomentare che Acheruntia, dopo tante guerre e distruzioni, aggravate da terremoti immani, da peste e carestie, cessò di esistere presso le rive del fiume da cui aveva preso nome. E il suo popolo, in cerca d'un più tranquillo e difendibile sito, fu costretto a spostarsi più a nord costeggiando ad occidente le falde dei monti e a nascondersi dietro quelle prime colline come dietro ad un sicuro riparo da probabili invasioni nemiche.

Qui i discendenti di quei « forti » trovarono ogni utilità e maggiore sicurezza per costruirsi nuove abitazioni, qui trovarono o si scavarono delle grotte per i loro armenti, qui trovarono le vicine vallate da coltivare. E, nella peggiore delle ipotesi, spinti da nuovi attacchi nemici, da qui potevano fuggire agevolmente sulle vicine montagne, folte di lussureggiante vegetazione.

A questo nuovo borgo, stanziato dove ora sorge la frazione di Nogiano, diedero il nome del primitivo paese di origine. Però non fu chiamato più «Acheruntia», perché ai suoi piedi non scorrevano più le acque del fiume (Acheronte), ma fu denominato semplicemente col nome di «ARUNTIA», cioè «le case dei forti» e quindi successivamente « ARINTHA ».

Ora noi abbiamo due date che inquadrano nel tempo la fondazione di questo nuovo sobborgo: abbiamo la data del 520 a.C., quando la repubblica di Acheruntia, come già accennato, mandò i suoi rappresentanti all'assemblea federale di Cosenza; e abbiamo la data dell'anno 500 a.C., quando lo storico Ecateo, in uno dei suoi frammenti, parla abbastanza chiaramente di «ARINTHA»[6] come di una antica città della Bretia e la considera di origine enotra[7], distinguendola da «Menechine» o Mendicino[8].

Quindi, il nuovo sobborgo lontano dal fiume, sarà stato fondato tra il 520 e il 500 a.C. Però, seguendo il medesimo principio della migrazione dei popoli, crediamo anche noi che non tutti gli abitanti dell'antica Acheruntia si siano spostati ad un tempo verso questa nuova borgata. Perché è molto probabile che alcuni abitanti di Acheruntia, non avendo avuto la forza morale di lasciare i loro averi e le loro terre, invece di seguire l'emigrazione verso il nord, siano rimasti fiduciosi a continuare il lavoro nei loro terreni, il cui miglioramento era costato anni di fatica e sacrifici. Per questo preferirono, pur stando vicini ai loro beni, arroccarsi nelle più vicine balze appenniniche, anch'esse ben nascoste e tranquille, e tale agglomerato prese poi il nome di «Menechine» o Menecino, poi Monticino e Mendicino. Cosi si spiega l'origine enotra di essa e la tesi di tanti scrittori già citati.

Nei secoli successivi alla sua fondazione la borgata di Arintha non arrivò mai a quel grado di potenza e grandezza che godette per la sua posizione lungo il fiume Acheronte; anzi decadde sempre più nell'oblio, e, insieme con Pandosia dovette inversamente seguire le sorti della crescente Consentia.

Ancor oggi quella collina, che faceva da schermo protettivo al suddetto borgo, vien denominata volgarmente: « 'u timpuni d' Arintha ».

Ai suoi piedi, presso la contrada «Coni», nella stessa frazione di Nogiano, è stata ritrovata in tempi recenti un'ascia di bronzo, antica testimonianza di civiltà sepolte.

Ritornando all'origine e fondazione della nostra Arintha, dobbiamo ora dire che va categoricamente rifiutata, come certamente errata, la puerile interpretazione o vana e fantastica leggenda, secondo cui il nostro paese prese il nome di .«Arintha» dopo che dietro la suddetta collina morì la sorella di Enotro, la quale portava appunto questo nome.

Questo errore trovasi anche in Carlo Zupi, nel suo libretto-guida «Cosenza, città e provincia»,  stampato in Cosenza nel 1902[9].

Tale errore vien ripetuto nella toponomastica del paese, dove trovansi delle strade cosi denominate: «Via Bella Arinta», «Vico I Bella Arinta» ecc.

Sappiamo di certo che nessuno degli autori antichi parla di questa sorella di Enotro; inoltre, se noi abbiamo dimostrato che non poté essere Enotro in persona il primo Re di Pandosia, già estinto da secoli, tanto meno poteva essere Arintha, sorella di lui, a fondare il successivo agglomerato, dopo la distruzione di Acheruntia. Quindi essa è soltanto frutto di debole fantasia, che noi rigettiamo.

 

[1] Ibidem, p. 133.

[2] Cfr. G. Se Sanctis, op. cit., I, p. 258.

[3] TACITO, Annales, XXXIX, in «Antologia Tacitiana», a cura di Giuseppe Brizi, FI 1957, p. 15.

[4] Ibidem, nota 11. Gli Ubi erano un popolo germanico, stanziato, ai tempi di Cesare, sulla riva destra del Reno inferiore; passò poi alla sinistra per sottrarsi alla pressione dei Galli. La capitale di cui qui si parla, prese nel 50 il nome di « Colonia Agrippinensis »da Agrippina, figlia di Germanico e moglie di Claudio. È l'odierna Koln, Colonia.

[5] Cfr. Salvatore Cristoforo, Cronistoria della città di S. Marco Argentano,Cosenza 1926, p. 24, n. 1.

[6] Ecateo di Mileto fu il primo storico, vissuto nel 500 a.C. « Con lui cominciò la storiografia, perché per primo si pose liberamente contro la tradizione storica, svelandone senza pietà le fallacie e le contraddizioni » (G. De Sanctis, op. cit., I, pp. 17, 529). Egli nelle sue storie crede « di poter estrarre dalla tradizione leggendaria una verità storica... La vera novità di Ecateo, il suo merito verso la storiografia e la scienza in generale, consiste più nella scoperta di questa via versola realtà e la verità, che in ciò che egli stesso ha trovato lungo questa via » (Bruno Snell, La cultura greca e le origini del pensiero europeo, Torino 1965, p. 222).  

[7] Cfr. Bardetti, Della lingua dei primi abitatori d'Italia, Fram. II, p. 337.

[8] Cfr. G. De Sanctis, Storia dei Romani, Torino 1907,  I,  p. 108.

[9] Cfr. Carlo Zupi, Guida di Cosenza, città e provincia, Cosenza 1902, ad vocem.

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