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A cura di Giuseppe Giraldi

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CRISI DI FERRAGOSTO, ATTORI E SPETTATORI

Posted On Mercoledì, 14 Agosto 2019 14:53

Con piacere ARITHANEWS ospita una interessante analisi politica dell’Ing. Luigi Caputo.

La seduta di ieri pomeriggio in Senato racconta una verità che forse in molti non vogliono ammettere.

Il vero scontro personale e politico non è tra gli ex “colleghi di contratto” Lega e Cinquestelle. Piuttosto è fra Renzi e Salvini, i due Matteo che tengono in scacco la vita politica italiana. Due leadership diverse, accomunate dal culto della personalità figlio del berlusconismo e da quel 40% che Il fiorentino trovò alle urne europee di 5 anni fa e che il padano, forte comunque di un 34% di consensi alle recenti europee, da allora sogna, animato dal vento dei sondaggi e dai comizi in piazza. Ma, proprio a proposito di piazze, i fischi agostani raccolti al sud, tra Basilicata, Calabria, Sicilia e Campania (in Sardegna non ha avuto il coraggio di andarci...) hanno forse impaurito il gallo cedrone lombardo che è tornato sui suoi passi. Prima proponendo un’alleanza a Meloni e Berlusconi, alleanza alla quale non aveva minimamente pensato venerdì, e che i due politicanti di centrodestra hanno accolto fintamente in sordina, in realtà pregustando il sequel di quell’horror governativo che nel 2011 portò il paese alle soglie della bancarotta. Poi presentandosi in Senato con la spocchia del ragazzino dispettoso sfidando i Cinquestelle sul loro terreno, quello del taglio dei parlamentari, campana alla quale, chissà perché, non aveva finora mai inteso rispondere. E che sembra rappresentare la mossa della disperazione, quella di chi pensava che, sfiduciato Conte, la Lega sarebbe andata alle elezioni il primo settembre, conquistando - magari a colpi di Rosario - premierato e maggioranza in parlamento. Roba da fantapolitica, insomma. Sì, perché è fantapolitica pensare di sfiduciare il governo Conte, e poi andare al taglio dei parlamentari (con quale governo, avendolo sfiduciato?).

Quanto a Renzi, il sorgere della crisi ha riesumato il suo desiderio mai sopito di tornare in scena da protagonista, con gli ovvi timori di uno Zingaretti finora troppo pavido e leggero con il governo da sembrare impalpabile, e probabilmente attento a non fare passi falsi. “Mi si nota di più se parlo rischiando di far danni o se sto zitto e resto in disparte?”, questa l’annosa quaestio di morettiana memoria del nostro che, forte di una vittoria alle europee scaturita dalla sconfitta dei Cinquestelle (una pura combinazione algebrica, secondo i più cinici) ora spera di andare a votare non solo per rosicchiare ai rivali Pentastellati qualche punticino percentuale, ma anche per dare un colpo al renzismo interno che oggi occupa gli scranni parlamentari di fazione democratica. La crisi di governo quindi non ha fatto altro che acuire la crisi di un partito, il PD, a cui evidentemente quest’anno di opposizione non è bastato per ricucire gli strappi interni: aggiungiamo anche Calenda a chi vede in modo diverso da Zingaretti, e il quadro, tra correnti piccole e grandi, tra beghe locali e faide interne, non è certamente ancora completo. Una situazione quindi assurda e tragicomica, se non fosse che si gioca sulla pelle degli italiani. Italiani sballottati tra il mantra “lasciateci lavorare” che ha contrassegnato i primi dieci mesi di governo gialloverde e il naufragio nella sceneggiata napoletana delle ultime settimane con protagonisti due alleati mai stati amici, con uno tra i due (non l’ingenuo Di Maio, ma “o malamente” Salvini) che ha rubato la ragazza (gli elettori) all’altro. Già, Di Maio, attore non protagonista in un anno di governo. Comparsa eccellente, che all’indomani del 4 marzo 2018 aveva in mano il paese, e che ha preferito regalare la propria dote a chi, dal basso del suo 17%, ha eroso a colpi di propaganda un’eredità difficile da riconquistare. Sì, perché gli italiani hanno la memoria corta, e si lasciano incantare da chi li prende meglio in giro. In questo, l’unico che può contrastare davvero Salvini è l’altro Matteo, Renzi. Ecco perché al padano il toscano fa paura. Ed è l’unico, insieme a Papa Bergoglio, di cui abbia davvero timore il ministro del Papeete.

C’è infine un protagonista in positivo in queste ore tragicomiche. Un deus ex machina che dal 2014, anno della sua elezione (merito, giova ricordarlo, del miglior Matteo Renzi), non ha sbagliato una mossa. Ci riferiamo a Sergio Mattarella, che non ha mai perso il proprio aplomb, nemmeno la sera - ricordate? - che un Di Maio più infausto del solito voleva defenestrarlo con l’impeachment più sconclusionato della storia. Lui, Mattarella, che in politica e nella vita ne ha viste davvero tante, agendo come sempre nella moderazione nell’ultimo anno ha adottato politicamente un figlio che gli darà non poche soddisfazioni, Giuseppe Conte, che forse sarà l’artefice di un nuovo accordo tra PD e M5S che potrà scongiurare il terrore di consegnare il paese alla destra troglodita e forcaiola.

Luigi Caputo

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